Dopo COP21: obiettivo raggiunto o farsa?

Dopo COP21: Sintesi dei punti più importanti dell’accordo sul clima a Parigi del 13 dicembre 2015

Obiettivo di Lungo Termine

L’obiettivo a lungo termine dell’accordo è quello di assicurarsi che il riscaldamento globale rimanga ben al di sotto di 2 gradi Celsius e di proseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius. Le temperature sono già aumentate di circa 1 grado Celsius fin dai tempi preindustriali. Per raggiungere questo obiettivo, i governi si sono impegnati a fermare l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra che intrappolano il calore il più presto possibile. A un certo punto dopo il 2050, recita l’accordo, le emissioni di origine antropica dovrebbero essere ridotte al un livello assorbibile dalle foreste e dagli oceani.

Obiettivo emissioni

Al fine di raggiungere l’obiettivo a lungo termine, i Paesi hanno concordato di fissare obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra ogni cinque anni. Più di 180 Paesi hanno già presentato gli obiettivi per il primo ciclo a partire dal 2020. Solo i Paesi sviluppati sono tenuti a ridurre drasticamente le loro emissioni in termini assoluti; le nazioni in via di sviluppo sono incoraggiate a farlo mano a mano che le loro capacità si evolvono nel tempo. Fino ad allora, ci si aspetta da esse solo una frenata della crescita delle emissioni al crescere delle economie.

Revisione degli obiettivi

Gli obiettivi iniziali non saranno sufficienti a mettere il mondo in carreggiata per raggiungere l’obiettivo a lungo termine. Così l’accordo chiede ai governi di rivedere i propri obiettivi nei prossimi quattro anni, e vedere se si possono aggiornare. Ciò non richiede ai governi di fare tagli ancora più profondi. Ma la speranza è che sarà possibile farlo se le fonti di energia rinnovabili diventeranno più convenienti ed efficaci.

Trasparenza

Non ci sono penalità per i Paesi che mancheranno i loro obiettivi di emissione. Ma l’accordo ha regole di trasparenza per incoraggiare i Paesi a fare davvero quello che promettono. Questo è stato uno dei pezzi più difficili da concordare, poiché la Cina chiedeva requisiti più morbidi per i Paesi in via di sviluppo. L’accordo prevede che tutti i Paesi debbano riferire sulle loro emissioni e dei loro sforzi di riduzione. Ma consente una certa flessibilità per i Paesi in via di sviluppo che ne hanno bisogno.

Sostegni

L’accordo dice che i Paesi ricchi dovrebbero continuare a offrire un sostegno finanziario per aiutare i Paesi poveri a ridurre le loro emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. Esso incoraggia inoltre altri Paesi a impegnarsi, su base volontaria. Il che permetterebbe di contribuire a economie emergenti come la Cina, anche se non costrette. La definizione degli importi è stata tenuta fuori dell’accordo stesso, ma le nazioni più ricche si erano precedentemente impegnate a fornire 100 miliardi di dollari ogni anno in finanziamenti per il clima entro il 2020.
Danni e perdite. Per le piccole nazioni insulari minacciate dall’innalzamento del livello del mare, l’accordo comprende una sezione che riconosce “perdite e danni” associati alle catastrofi legate al clima. Gli Stati Uniti hanno a lungo obiettato contro l’inserimento della questione nell’accordo, preoccupati che porterebbe a richieste di risarcimento dei danni causati da eventi meteorologici estremi. Alla fine, la questione è stata inclusa, ma una nota in calce specificatamente dichiara che la perdita e il danno non comportano responsabilità o l’indennizzo.

dopo COP21 quali risultati sono stati raggiunti

L’accordo di Parigi sul Clima: farsa o realtà?

Direttamente da Vincenzo Ferrara (ENEA), uno dei più noti climatologi d’Italia, in una lettera ad Accademia Kronos

Cari Amici di Accademia Kronos,
temo sia una farsa come dite voi. L’accordo di Parigi è un “accordo quadro”. In pratica è stato riscritto ed aggiornato il vecchio accordo quadro, cioè la UNFCCC ( che era del 1992 ), modificandolo con alcune revisioni ed alcuni aggiornamenti (come il limite dei 2°C, il “loss and damage”, ed altre minori novità).
Per attuare il vecchio accordo quadro, cioè la UNFCCC (del 1992) , era stato messo a punto nel 1997, il protocollo di Kyoto (strumento giuridico di attuazione legalmente vincolante entrato in vigore nel 2005). Il protocollo di Kyoto non ha funzionato, è stato lasciato scadere nel 2012 e non si è riusciti poi a mettere a punto un protocollo successivo.
Ed ecco ora il gioco di prestigio, ovvero il coniglio dal cappello: con l’accordo di Parigi 2015 si torna a un nuovo “accordo quadro”, che per poter ora essere esecutivo (altrimenti rimane solo buona volontà e pie intenzioni) dovrà avere uno strumento di attuazione, cioè un protocollo. Ma il protocollo, mi sembra, non lo vuole nessuno!
In pratica, l’accordo di Parigi 2015 è il risultato del gioco dell’oca dei negoziati internazionali di questi ultimi 21 anni (COP21, appunto). Con l’accordo di Parigi 2015 si torna al punto di partenza, al 1992 (con gli aggiornamenti del caso).
Questo accordo potrebbe essere attuato? Può darsi. L’accordo di Parigi è la sommatoria di una serie di declaratorie: è volontario, è abbastanza vago ed abbastanza diplomatico da non rompere le scatole agli equilibri esistenti ( non parla di “carbon tax”, non parla di decarbonizzazione dello sviluppo economico, non parla di “carbon footprint”, ecc), non disturba nessun interesse politico ed economico, non è legalmente vincolante e non obbliga nessuno a fare nessuna cosa.
L’eventuale attuazione è tuttavia possibile. Ma sta solo alla buona volontà e al buon cuore dei governi, compatibilmente con i loro interessi e le loro egemonie politiche e compatibilmente con la demagogia e la retorica che servono per tener buoni i cittadini allocchi. Se poi si tiene conto, infine, che, anche ammesso che tutti i Paesi corrano a realizzare subito l’accordo di Parigi, volontariamente e pienamente, la temperatura del pianeta salirebbe fino a quasi 3°C e non rimarrà affatto contenuta in 2°C (e meno che mai entro 1,5°C). A questo punto mi risulta veramente difficile capire l’entusiasmo esagerato e la retorica roboante che serpeggia dappertutto nei commenti dei mass media e perfino nei commenti dei più esperti e “scafati” opinionisti di questa materia negoziale.

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