Avete mai provato a giocare ad uno sport in cui le regole cambiano ad ogni partita? Ecco, questo è quello che sta succedendo con i Lavori Pubblici: tutto questo sta diffondendo paura di sbagliare e ritardi incredibili, non contemplabili per uno Stato come il nostro.
Con il Parere 10 gennaio 2017, n. 22 relativo al decreto sui livelli di progettazione (art. 23, comma 3, d.lgs. n. 50/2016), che fa seguito al Parere 28 dicembre 2016, n. 2777 sul Regolamento in materia di vigilanza (art. 211, commi 2 e 213, d.lgs. n. 50/2016) e ancora al Parere 3 novembre 2016, n. 2282 sul Regolamento per il Direttore dei lavori e il Direttore dell’esecuzione (art. 111, d.lgs. n. 50/2016), il Consiglio di Stato ha di fatto bocciato l’operato del Ministero delle Infrastrutture (MIT) e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
Mentre l’ANAC presieduta da Raffaele Cantone, dalla pubblicazione del Nuovo Codice Appalti, ha provato a stare al passo con i tempi nell’emanazione dei provvedimenti previsti, stesso discorso non può essere fatto per il MIT che, diversamente, sembra essere in una vera e propria empasse normativa. Prendendo, ad esempio, il decreto relativo al direttore dei lavori e al direttore dell’esecuzione, il cui vuoto normativo va avanti ormai da oltre 8 mesi (leggi articolo), il MIT, a seguito del parere negativo arrivato ormai il 3 novembre 2016, dopo 2 mesi e con oltre 6 mesi di ritardo rispetto alla scadenza prevista dal Codice, non è ancora riuscito a definire il testo della norma.
Probabilmente le risposte stanno proprio all’interno delle stanze del MIT stesso ma possono essere ricercate in alcune affermazioni caotiche che l’Ufficio Stampa del Ministero ha inviato alla nostra redazione proprio in merito al nostro articolo in cui palesavamo l’assenza di regole per il direttore dei lavori (leggi articolo). Su questa nostra denuncia il Capo Ufficio Stampa del Ministro delle Infrastrutture aveva inviato alla nostra redazione la seguente smentita: “NESSUN VUOTO NORMATIVO SULLA DIREZIONE LAVORI – CON RICHIESTA DI PUBBLICAZIONE. In merito all’articolo di oggi su Lavoripubblici.it “Nuovo Codice Appalti: vuoto normativo per il Direttore dei Lavori” si smentisce l’affermazione sostenuta.
La lettera u dell’articolo 217, infatti, prevede che il Titolo VIII sia abrogato dall’entrata in vigore degli atti attuativi. Quindi fino all’adozione dei relativi atti (per esempio, i compiti del direttore dei lavori attualmente al parere del CSLLPP) continua ad applicarsi il d.p.R. n. 207 del 2010“.
Alla risposta del Ministero rispondevamo confermando la veridicità del vuoto normativo e l’inesattezza della loro risposta in quanto la lettera u) dell’articolo 217 prevede l’abrogazione del Titolo VIII dall’entrata in vigore del codice e non degli atti attuativi, precisando che avremmo potuto pubblicare la nota di smentita del MIT ma con la conferma della nostra analisi.
Alla nostra replica seguiva la risposta laconica “Ho inoltrato per approfondimenti. Restiamo in attesa”. Da quel momento, era il 3 agosto 2016, nessuna replica è arrivata dal MIT lasciando presupporre che, anche alla luce del Parere del Consiglio di Stato, evidentemente si erano resi conto della ragionevolezza della nostra analisi.
Ma la colpa non va ricercata solo nei soggetti che dal 18 aprile 2016 stanno provando a stare dietro alla emanazione dei provvedimenti attuativi, perché in verità il problema principale rimane proprio il Decreto Legislativo n. 50/2016 stesso che sta creando a tutti (MIT in testa) situazioni che erano già state previste da tutti gli esperti del settore che, sin dalle prime bozze circolate prima dopo la legge delega, avevano rilevato l’assurdità di un impianto normativo che per entrare in vigore necessitava di oltre 60 provvedimenti di attuazione. Se qualcuno era convinto che il nuovo codice dei contratti sarebbe stata la panacea di tutti i mali, si era completamente sbagliato perché sino ad oggi non è riuscito a rilanciare gli appalti, né a semplificare le procedure di gara, né tantomeno ad eliminare il contenzioso.
Tali affermazioni sono avvalorate dai 3 Pareri del Consiglio di Stato che dovrebbero far riflettere su come l’impianto normativo sugli appalti sta diventando sempre più iperstatico e a cui non si dovrebbe rispondere con dei “pannicelli caldi” (come una Cabina di Regia che non trova di meglio da fare che disporre una consultazione rivolta ai RUP) ma con rimedi radicali che possono portare soltanto ad un serio ripensamento di molte parti del nuovo Codice stesso.
Tra linee guida vincolanti e non vincolanti, regolamenti vincolanti e non vincolanti dell’ANAC e comunicati del Presidente, il quadro complessivo delle norme diventa, come abbiamo sempre affermato, sempre più iperstatico con l’aggravante che la difficile lettura dei provvedimenti definiti di “soft law”, scanditi non più da articoli e da commi ma da periodi troppo spesso pieni di contenuti probabilistici, sta solo aumentando i già ampi margini di incertezza operativa ed applicativa riscontrabili in molti ambiti e che, prima erano riempiti da un Regolamento, forse, anche troppo puntuale.
Ritornando ai tre pareri del Consiglio di Stato non possiamo non osservare come:
- con il Parere 10 gennaio 2017, n. 22 relativo allo schema di decreto sulla definizione dei contenuti della progettazione in materia di lavori pubblici nei tre livelli progettuali è stato sospeso il giudizio sul decreto del MIT e tale sospensione è stata motivata con le osservazioni e le condizioni formulate nel parere stesso. Nel parere i Giudici di Palazzo Spada precisano anche di dover disporre istruttoria, affinché il Ministero valuti, previa acquisizione dei pareri della Conferenza Unificata e di ITACA, l’adeguamento del decreto, segnalando nella relazione illustrativa in che punto e come si è intervenuti sul testo;
- con il Parere 28 dicembre 2016, n. 2777 relativo allo “schema di regolamento in materia di attività di vigilanza sui contratti pubblici di cui all’art. 211, comma 2, e 213 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 sul provvedimento dell’ANAC viene espresso un parere vincolato alle numerose osservazioni e condizioni contenute nel parere stesso ricordando tre delle più rilevanti e precisamente:
a) la procedura attuativa delle “raccomandazioni vincolanti” immaginata dall’ANAC che richiede un tempo di 390 giorni;
b) l’articolo 211, comma 2, del codice che rischia di introdurre l’inusitata categoria della “responsabilità da fatto lecito”;
c) la possibilità che il sistema esponga tutti gli appalti ad esposti artati di chi abbia tutto l’interesse a scatenare polveroni sulle procedure di gara, col rischio di incrementare all’infinito il contenzioso; - con il Parere 3 novembre 2016, n. 2282 relativo allo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di approvazione delle linee guida sul Direttore dei lavori e sul Direttore dell’esecuzione di cui all’art. 111 del d.lgs. n. 50/2016, sul provvedimento del MIT esprime un parere favorevole con condizioni ed osservazioni di entità tale che inficiano l’impostazione stessa del decreto. Si tratta di una delle più dure prese di posizione del Consiglio di Stato sui tanti pareri espressi sul nuovo Codice dei Contratti e sui suoi provvedimenti attuativi.
In cosa dobbiamo sperare? A distanza di 9 mesi dall’entrata in vigore del nuovo Codice e con la situazione che si va delineando le speranze sono ridotte, ormai, al lumicino ma la speranza è l’ultima a morire e continuiamo a sperare che il Ministro Graziano Delrio possa trovare una soluzione adeguata ad un caso che sembra, ormai, disperato.